Una storia sui cammelli e sugli ippopotami che minacciano da sempre quelle oasi di felicità che sono gli uffici marketing.
Circa venti anni fa, quando ero in pubblicità, l'agenzia in cui lavoravo vinse una gara con un importante cliente della GDO. Si trattava della campagna di lancio di un nuovo centro commerciale. Vincemmo con una campagna multi-soggetto con un concept ricercato che metteva in luce tutte le possibilità di svago e di shopping di quel posto. Alla fine il concept venne massacrato: via la multi-soggetto e via il claim. Rimase solo un visual assolutamente privo di significato: una tizia in bikini che prendeva il sole su una scarpa gigante. Se state pensando che si trattava di una campagna orribile, ve lo confermo: era orribile! Ma pecunia non olet e ci tenemmo la commessa anche se il lavoro non venne mai firmato.
Quello che era successo era un classico caso di design by commitee. Fa niente che il design originale fosse dell’agenzia ma il comitato in questione, invece di limitarsi ad approvarlo, rifiutarlo o, al massimo, richiedere qualche variazione, lo rimaneggiò a tal punto da ridisegnarlo. E quando una progettazione è fatto da un comitato, il risultato è sempre una schifezza. Non per niente, un noto proverbio inglese afferma che un cammello è un cavallo disegnato da un comitato.
Il design by commitee è un classico delle realtà tipo la GDO in cui c'è una società di gestione, un direttore, un tizio del marketing e, soprattutto, 4 o 5 conduttori delle grandi superfici che, poiché sono quelli che hanno i soldi, sono anche quelli con più voce in capitolo. E già! Perché a rendere tutto più difficoltoso nel comitato c’è sempre l’HIPPO, l’highest paid person opinion. Il comitato infatti non è un organo democratico.
Passano gli anni: lascio l’advertising e mi sposto sempre di più verso il digital ma il cammello e l’ippopotamo non mi hanno mai abbandonato e di tanto nel corso degli anni me li sono ritrovati attorno al tavolo di qualche sala riunioni.
Chi ha visto nascere il mondo social sa che la regola d’ora è “don’t feed the troll” ma la progettazione non è il mondo dei social e bisogna usare una strategia inversa: il cammello e l’ippopotamo vanno nutriti, eccome! D’altro canto, il cammello e l’ippopotamo non sono dei troll cattivi, sono dei nemici buoni: da un lato sono coloro che pagano le fatture e dall’altro vogliono darsi da fare e dire la loro. E come diceva Michael Corleone “tieniti stretto gli amici ma ancora di più i nemici”.
Un ottimo modo per nutrire il cammello e l’ippopotamo è coinvolgerli e guidarli nel processo di design. I cosiddetti workshop di codesign sono uno degli strumenti più importanti per nutrirli. Il cliente, infatti, conosce il proprio business e al tavolo dei workshop porta questa conoscenza mentre l’agenzia fa il proprio lavoro di progettazione ma il processo è comune e alla fine in genere non ci saranno grandi modifiche. Magari un logo più grande…un video “emozionale” in home page…qualche slider per accontentare tutti i product manager. Poca roba rispetto al rischio di farsi smontare alla fine un lungo lavoro di progettazione a porte chiuse.
I workshop di codesign mi sono sempre piaciuti, sia quando ero account in agenzia e sia da quando sono passato dall’altra parte del tavolo. Proprio in questo ruolo, lavorando con ottime agenzie e consulenti(1) ho apprezzato come si arrivi a soluzioni inedite in un ambito in cui credi di aver visto già tutto. Questo avviene perché ognuno resta al proprio posto: gli UX designer progettano, gli art colorano senza uscire dai margini, i SEO forgiano testi e architettura e il cliente mette a terra quanto viene fuori.
È sempre bello vedere quando un cavallo resta tale e non si trasforma in un cammello per l’intervento di un comitato. Certo! Bisogna sperare che l’ippopotamo sia in un’altra sala riunioni.
Purtroppo non c’è sempre il lieto fine. In casi eccezionali, le dinamiche aziendali vengono stravolte e il marketing non riesce più a presidiare il lavoro. Anche le agenzie escono di scena perché il lavoro è ormai formalmente concluso.
Le ombre del cammello e dell’ippopotamo si avvicinano sempre di più. Il recinto della sala riunioni è aperto. I due animali entrano e devastano tutto. L’architettura dell’informazione va a fuoco come la biblioteca di Alessandria. Anni a chiedersi se la SEO sia morta e…sì, in questi frangenti è morta e sepolta! A testimonianza del passaggio dei due quadrupedi restano delle decisioni folli, che lasciano sgomenti chiunque veda il progetto finale.
Quando oggi vedo un sito grottesco in cui è stata finanche tolta la call-to-action principale dalla home page, provo la stessa tristezza di quando vedevo i 6x3 della donna in bikini che prendeva il sole sulla scarpa gigante di quel centro commerciale 20 anni fa. Sono entrambi progetti su cui c’è la firma del cammello e dell’ippopotamo. Non c’è la firma dell’ufficio marketing o delle agenzie che ci hanno lavorato. Non vedrete mai quei lavori in nessun portfolio.
Pecunia non olet ma i lavori fatti bene hanno un buon profumo.